Grillo cambia passo, si scopre, si dona al pubblico, dopo tanto tempo. Sarà la tensione per le Europee che sale – mancano ormai praticamente solo due mesi, sarà il tour di spettacoli teatrali in partenza, sarà il progressivo eclissamento dovuto alla spregiudicata preponderanza mediatica del renzismo ora anche al governo. Si presenta dunque davanti all’audience dell’apposito speciale di La7, condotto da Mentana, Bersaglio Mobile. Ma anche in una prima vera e propria intervista concessa ad un quotidiano cartaceo, il Corriere del Mezzogiorno.
Qualcuno lo ha già detto, in giro per l’etere: si avverte un cambiamento di stile, o almeno una misurata moderazione del linguaggio, del tono, della quantità di decibel presente nel discorso grillino. Il tutto, comunque, accompagnato contestualmente dalla conservazione di una forte radicalità nel messaggio espresso: una “diversità” totale – per riprendere una categoria di un Berlinguer tornato ultimamente molto di moda, un “non c’entriamo niente con questi qui” rivendicato con forza.
Il programma, per l’Europa, è sempre lo stesso: ridiscutere il Fiscal Compact, immettere gli Eurobond, condividere il debito con tutti gli Stati europei, cancellare quello “immorale”. Come ultima ipotesi, extrema ratio, un referendum per uscire dall’Euro. Ironico l’attacco al Partito Democratico (“Se la risposta che si sono dati è Renzi, voglio capire che domanda si sono fatti”), compassionevole quello a Bersani (“Lo hanno mandato al macello”), mentre il redivivo D’Alema viene liquidato così: “Un poveraccio, un finto intellettualino”. Per la forza politica che “spalleggia la Procura di Milano” gli unici destrorsi degni di considerazione sono poi il “massone” Verdini, in chiave anti-renziana, e il “delinquente riabilitato”, Silvio Berlusconi.
Tuttavia oltre al classico repertorio, urlato stavolta con minor vigore, c’è da riconoscere una narrazione in Grillo, e nella sua attività di “grande portavoce” del M5S. Una narrazione che gode forse ancora di una forza in quel 25% di tredici mesi fa, ma mai in realtà compresa a fondo dal giornalismo e dall’opinionismo mainstream, ancora e sempre troppo avvezzo a politicismi, “analisi” e “note”. Lo stesso Grillo approfitta al volo di un assist di Mentana, che gli chiede, riferendosi a quella provocazione di un paio di settimane fa sulle macroregioni, quali sono i punti di congiuntura con la Lega Nord targata Salvini: nessuno, ovviamente, chiarisce annoiato.
Perché la papabilità di un’intesa tra le due forze è un’esegesi dell’ex-comico pigra, tipica del più puro “ancient régime” da Seconda, se non da Prima Repubblica. Mentre Grillo, in realtà, soffre e gode, allo stesso tempo, di un’ansia da tarantolata ostentazione e continua boutade. Un tipo di ambiente psichico e comunicativo al di fuori del quale il grillismo, il Movimento Cinque Stelle, intesi come fenomeni di massa, semplicemente scompaiono. E che quindi dev’essere perpetuato.
Alta tensione, dunque. Sempre e comunque. Radicalizzazione, aggressione, polarizzazione. “Noi e loro”, cittadini ed establishment. Con una nuova componente d’umanità aperte allo strumento mass-media. “Non vi chiedo il voto, non ve l’ho mai chiesto. Vi chiedo di partecipare, di essere curiosi, di non fidarvi”. E ancora: “Ormai i ragazzi vanno da soli. E riempiono le piazze di cittadini che vogliono partecipare, che finalmente si sentono rappresentati da cittadini come loro!”.
E quella risposta al Corriere fa riflettere: “Noi vogliamo diventare com’era il Pci. Gli elettori votavano comunista, non Natta o Togliatti, votavano un’idea.” Nella post-ideologica Terza Repubblica, dunque, sta forse nascendo una nuova ideologia.
Proprio da quelli che dicevano non esistessero più. Né di destra, né di sinistra.
Nicolò Scarano
@nicoloscarano