La riflessione è scaturita leggendo l’ultima nuova riguardante la fenomenica (cioè rappresentativa di un fenomeno – il declino del calcio italico, ma purtroppo poco fenomenale) nazionale di pallone, appena riaccolta a casa con doverosa freddezza (anzi, praticamente non riaccolta, sostanzialmente ignorata).
Giorgio Chiellini, difensore della Juventus, la “vittima” del morso del terribile panzer uruguagio Luisito Suarez, esprime “solidarietà” al suddetto calciatore per la punizione ricevuta dalla FIFA. Specificando ben bene -per carità- che “le sentenze sono inequivocabili” e che il suo pensiero va soprattutto alla famiglia e ai difficili mesi – 4 – che passerà da qui in avanti (in compagnia del cannibale in effetti non c’è da stare tranquilli). L’atto di Chiellini viene interpretato inoltre, finanche dai tifosi che lo conoscono meglio, come un gesto di solidarietà riguardante gli attacchi indegni e le offese ingiuriose ricevute dal Suarez sulla sua pagina Facebook, da plurimi utenti di nazionalità italiana.
Da qualche anno, mese, a questa parte, insomma, sempre la solita storia: il personaggio noto, protagonista di qualche vicenda controversa o semplicemente forte, sottoposto a una gogna non più tanto mediatica ma virtuale. Un’orda di “troll” (in principio denominazione utilizzata soprattutto per i bot, ossia gli user controllati da computer nati col solo scopo di disturbare spazi virtuali, oggi vera e propria ragione sociale e termine offensivo destinato agli user controllati da esseri umani: “Sei un troll!”) che si scatena nei commenti a un articolo o una foto postata su Fb, o inventando hashtag inopportuni su Twitter: successe con Bersani al tempo dell’aneurisma, o nei giorni della rielezione di Napolitano. In questi ultimi giorni, l’Huffington Post italiano ci ha letteralmente “costruito” due piccoli casi: quello della Boschi e degli insulti sessisti, e quello sul minacciosissimo hashtag #nonfiniscequa, utilizzato in realtà da una manciata di ultras napoletani dopo la triste morte di Ciro Esposito.
Ma in attesa di chiarire una volta per tutte una questione importante, e cioè se costituiscono notizia – cioè fatto degno di nota, di essere divulgato e discusso – un numero x di commenti sul web esprimenti in varia maniera (spesso di dubbissimo gusto) una certa opinione o sentimento scabroso, scomodo, schifoso, disumano verso un certo personaggio o una certa situazione, é da notare un altro aspetto della questione. Un aspetto interessante, che opera una visibile distorsione nella comunicazione di molti soggetti – personaggi, testate o istituzioni – donando loro un numero potenzialmente infinito di occasioni per esercitare la benevola pratica della “solidarietà”.
Vuoi mostrarti sensibile ai casi di razzismo? Esprimi solidarietà per quei cinquanta commenti (su diecimila magari) di matrice razzista rivolti a un giocatore di colore. Vuoi cominciare una battaglia sui diritti delle donne? Il mondo del web pullula di sessismo, ovunque ci si giri. Vuoi dimostrare la disumanità dei militanti, degli elettori, dei “commentatori” di una pagina gestita dai tuoi avversari politici o concorrenti commerciali? Scatenare un flame (che vuol dire più o meno “rissa” in linguaggio social) é un gioco da ragazzi (appunto).
Per carità, non si vuole qui affermare che non sia giusto lottare contro anche ogni sopruso o prepotenza verbale, o ingiuria personale. Ma é anche l’ora di capire, per chi non l’avesse ancora fatto, che il web non fa altro che, nella maggior parte dei casi, dare voice a chi prima le ingiurie le bestemmiava in casa davanti alla Tv, e mostrare al mondo in forma scritta, chiara, e per questo tanto violenta e a tratti sconvolgente, le viscere sozze di un’opinione pubblica che nella sua enorme parte non é obiettivamente in grado di esprimersi “come si deve”. E che magari non ha la minima intenzione di farlo.
Tutto questo, come già accennato, fornisce innumerevoli dardi a un cinico -forse il più cinico, perché gioca su una sofferenza eventuale, immaginata, evocata, forse finanche reale- arco retorico, quello della solidarietà. La solidarietà da destinare a tutti – a chiunque faccia comodo – e per tutto – qualsiasi questione su cui poter fare leva. Un arco che può essere utilizzato in scioltezza da chiunque o qualunque comunichi qualcosa, ad un’audience di una certa importanza, e per puro tornaconto di immagine. E allora, la scocchiamo questa freccia? Solidarietà, à nous.
Nicolò Scarano
@nicoloscarano