La messa domenicale di Scalfari porta iella. Ovviamente non a chi lo stesso Fondatore depreca abitualmente, ma a chi con tanta convinzione dichiara, prima di ogni sacrosanta elezione, di sostenere.
Nel 2008, il giorno prima delle elezioni che vedevano il leader del neonato Pd Veltroni impegnato contro un “animalesco” (così più volte definito dallo Scalfari) Berlusconi titolò “Oggi possiamo cambiare il paese”. Dopo aver raccontato inorridito quel gran momento di Tv che fu l’irruzione di Berlusconi a Matrix mentre Mentana provava a spiegare – imparzialmente – come votare sulla scheda, concluse, a mo’ di Aragorn prima della battaglia finale nel Signore degli Anelli: “Domani si può voltar pagina e aprire un ciclo nuovo che rimetta la politica al livello di un’ Italia desiderosa di cambiare. Non sprecate questa grande occasione. Siate popolo sovrano perché è questo il vostro giorno.” Finì con la più grande maggioranza parlamentare nella storia repubblicana: ovviamente, del Popolo della Libertà.
L’anno dopo, prima delle ultime Europee, si appella alle “anime belle”: “Non si tratta d’invocare il voto utile ma più semplicemente di predisporre un’ alternativa efficace per sostituire il dominio dei propri avversari politici”. Chiaramente, il centrodestra elesse 16 europarlamentari in più del -come al solito- travagliato centrosinistra. Mentre nel 2011 gli riesce miracolosamente di portar fortuna a Pisapia, è l’anno scorso che dà il meglio di sé: accredita Grillo “attorno al 10 per cento”, e congettura percentuali tra le quali spunta un Monti al 20, addirittura 25. Come va a finire ce lo ricordiamo tutti.
Se torniamo indietro di più di trent’anni, rispecchiamo un esempio analogo a quello della situazione odierna: uno Scalfari che, in funzione anti-craxiana (come oggi in funzione prima anti-berlusconiana e poi anti-grillina), benedice Ciriaco De Mita nella famosa intervista dell’11 aprile 1983. Il leader democristiano, davanti al Fondatore, chiosa così: “Chi sta a destra e chi sta a sinistra? Non ci si distingue più in quel modo. A mio parere la vera dialettica è tra vecchio e nuovo. La distinzione si realizza su proposte concrete piuttosto che su schemi astratti”. Risultato: alle elezioni del 26 giugno la DC scenderà per la prima volta nella storia sotto il 35%, e Craxi diverrà Primo Ministro fino al 1987.
Ieri Scalfari scrive: “Il 25 maggio bisogna votare per Renzi e Schulz”. E’ un dovere morale, quasi un’imposizione, per il lettore di Repubblica. Nel mezzo, il solito consiglio a Renzi: seguire la strada tracciata dal presidentissimo Napolitano, dagli illuminati Monti e Letta.
Mediamente il danno provocato da Scalfari si aggira attorno ai 2-3 punti percentuali. E a volte l’editorialista più vetusto d’Italia riesce addirittura a far zompare gli avversari del suo partito di 10 o 15 punti.
No, ovviamente le misurazioni di cui sopra non hanno nulla di matematico. Ma la ciclicità della iattura scalfariana è visibile ai più: il presidente del Consiglio, e ancor più ampiamente rispetto all’azione del partito-Repubblica, dovrebbe prendere le dovute distanze. Ma soprattutto precauzioni.
Nicolò Scarano
@nicoloscarano