Sì sì, con Blair il Labour vincerebbe le elezioni. Sì sì, il problema è “troppa sinistra”, anche per Miliband il problema era TROPPA SINISTRA!, sì sì. Mettete un Chukino – Umunna, che infatti si è cagato sotto – a guidare il Labour in questi ultimo anno e mezzo, e in questa elezione, poi vedete come va. Ma purtroppo l’esperimento non si può fare, non siamo in Westworld, quindi ogni parola è valida. Pace.
Detto ciò. Personalmente ho “bocciato” (QUI) il corso di Jeremy Corbyn – dopo averlo sostenuto, non solo su Facebook, ma con un paio di voti ai due congressi in due anni del Labour – già qualche settimana fa. Jezza ha fallito, e salvo miracoli fallirà l’8 giugno per due motivi essenziali:
1 – In un momento di incertezza enorme come questo, i britannici – popolo accorto anche quando fa cose pazzerelle come la Brexit – preferisce lasciare le chiavi della Vauxhall al partito visto come responsabile sia del problema che dell’eventuale risoluzione, al partito al governo, e quindi ai Conservatori. La scelta della May, abile affabulatrice e portatrice del nulla, ha riscosso successo. Il governo ha di fatto “blindato”, con una buona scusa – la Brexit – tutta la situazione politica del Regno. E i sondaggi che vedete ne sono la dimostrazione numerica, plastica, visiva.
2 – La “persona” di Corbyn non piace. Punto. Inutile girarci troppo attorno, o provare a trovare particolari motivazioni antropologiche. Non piace per gli stessi motivi per cui non piaceva Miliband (un North Londoner con poco appeal fuori città) e per i motivi che avrebbero dovuto distaccarlo da Miliband – una vita intera da militante vero, serio, impegnato, quasi sempre nel giusto in momenti essenziali come durante la guerra in Iraq.
Ero e resto convintissimo che una proposta radicale, che riprendesse campo nel Nord dell’Inghilterra in crisi, così come nel Sud-est che per un po’ è stato presidiato dall’Ukip, e in Scozia, dove la crisi del partito comincia anni fa, col blairismo imperante (altro che con Corbyn!), fosse necessaria e giusta per il Labour. Semplicemente la storia ha fatto il suo (cattivo) corso e Jeremy Corbyn non era la persona giusta per incarnare quella proposta. Per non parlare della continua e sporca guerra interna al partito, risoltasi in una ricandidatura alle prossime elezioni degli stessi parlamentari che erano candidati nel 2015, con un programma simile a quello di Miliband, moderatamente socialdemocratico.
Ma smettetela con la nostalgia, per carità: sono passati venti lunghissimi anni dal ’97, e da tutto ciò che nel ’97 ha dato vita al blairismo, a quel modo di vedere e guidare il mondo.
Ha ragione Jacobin Magazine: Corbyn facesse ciò per cui lo hanno eletto leader in prima istanza, cioé una campagna elettorale radicale e “sovversiva”, come dice anche Finkelstein del Telegraph, e la smetta di cercare il consenso del “centro” del suo stramaledetto partito, che possibilmente è ancora più tossico di lui stesso.
Perderà, probabilmente anche male, e dovrà ritirarsi. Ma avrà messo delle idee utili in circolo.