Nel gennaio del 2013 il pavido e grigio Partito Democratico di Bersani era dato stabilmente sopra al 30%. Non era ancora stato al governo, non aveva avuto la risposta negativa che si è avuta negli ultimi mesi, ed era anzi piuttosto corroborato da un paio d’anni di continue vittorie alle amministrative.
Poi il leader di quel partito fu talmente debole, poco carismatico e subalterno alla tecnocrazia montiana, che le elezioni in coalizione con Sel furono il disastro che conosciamo, nonché la genesi del sistema politico che ci portiamo appresso anche oggi.
Oggi il Partito Democratico di.. Orfini (LOL) è dato in alcuni sondaggi al 28, in altri al 22, in alcuni al 26 e in altri al 24. È una situazione politica dinamica, in continua ridefinizione. Che nella realtà elettorale potrebbe essere viziata dalla stanchezza dello stare al governo, dal referendum perso, dalla saturazione mediatica, dalla presenza di forze – su tutte il Movimento Cinque Stelle – al momento molto meglio capaci di interpretare il terribile mainstream di questi tempi. Personalmente dubito che il Pd, senza un radicale e profondo cambio di linea, raggiungerebbe il 25% di Bersani qualora si votasse a breve.
Può ancora comportarsi come se fosse autosufficiente, una forza politica in queste condizioni? Bisogna essere non dico “responsabili” – Dio ce ne scampi e liberi, da quella parola, che nella politica degli ultimi anni è diventata un disvalore – ma almeno seri, sinceri con sé stessi. E desiderosi di vivere, curiosi di cambiare.