Molti giornali stanno in questi giorni aprendo con la cosiddetta ‘tempesta’ finanziaria, che si sta in particolare abbattendo sui titoli italiani. Nelle scorse ore Piazza Affari si è guadagnata il titolo di peggior borsa d’Europa, perdendo il 25% solo nei primi 40 giorni del 2016.
Siamo ai minimi dal 2013: sicuramente una situazione a cui prestare molta attenzione. E la ricomparsa in prima pagina di termini come “spread”, “differenziale”, “crollo”, “BTP”, “bond” contribuisce a rievocare brutti ricordi, neanche troppo lontani.
‘Le parole sono importanti’, diceva qualcuno, e nell’epoca della comunicazione pervasiva anche le forme verbali, i pronomi e le congiunzioni assumono un’enorme rilevanza: possono esaltare e spaventare, ma soprattutto fuorviare. C’è un verbo in particolare, utilizzato ad esempio ieri da molte testate compresa La Stampa, che ha titolato: “In 40 giorni bruciati 40 miliardi”. E quel verbo è “bruciare”, forma violenta e definitiva, che evoca uno status fisico da cui è impossibile tornare indietro. Perché se le banconote perse possono essere ritrovate, magari sotto al letto, quelle a cui si dà fuoco sicuramente no.
Solo che, appunto, non è proprio così. Perché i miliardi che vengono “bruciati” in borsa in realtà non esistono. O meglio: esistono, ma solo in prospettiva. Proviamo a spiegarlo in maniera molto semplice. Un’azione viene acquistata in origine ad un dato prezzo, e l’oscillazione di questo viene definita dal mercato, cioè dall’incrocio tra domanda e offerta. Quando si registra un -2% sul prezzo di un’azione, non si è “bruciato” proprio nulla, ma è semplicemente cambiato il suo valore. Nel caso di un segno meno, segnatamente, ci sono più persone disposte a vendere l’azione piuttosto che a comprarla, e l’azione ha perso valore. Un valore che però non è sceso per sempre, ma può essere anche recuperato. Si tratta di fluttuazioni che capitano piuttosto spesso in questi tempi turbolenti: “La volatilità fa parte del gioco .. e stavolta [non come nel 2008] le sue cause sono note”, ha spiegato ieri sul Corriere l’economista finanziario Andrea Beltratti.
Ecco, provate a racchiudere questo concetto in un titolo di giornale. Certo, parlare semplicemente di valori che salgono e scendono, senza l’ausilio di un finale sensazionale, è possibile, ma non prevederebbe alcun titolo ad effetto. Nemmeno lontanamente scenografico quanto può essere l’immagine di una valanga di miliardi che brucia.
Utilizzare espressioni forti, invece, aiuta anche a dare fisicità ad una storia che sembra svolgersi lontanissimo da noi e dalla realtà che viviamo ogni giorno.
Quella del denaro contante, che si perde davvero, e a cui volendo si può dare anche fuoco, come fa Chris McCandless nel celebre film Into the Wild. L’avversione diffusa e indiscriminata per chi si trova a maneggiare denaro poi la conoscete già, e comunque, è un’altra storia.
Articolo a pag.11 de L’Unità dell’11/02/16
Nicolò Scarano e Massimiliano Pennone