Capiamoci. Uno non può dire che l’Europa così com’è fa più danni e divisioni che altro perché sono i governi che fanno danni e divisioni, non l’Europa: se lo fa, viene semplicemente tacciato di euroscetticismo, antieuropeismo, al peggio di nazionalismo. Di essere contro la moneta unica, di volersi rinchiudere in un anacronistico protezionismo.
Solo che è l’Europa così com’è, nei suoi funzionamenti più intrinsechi, che permette ai governi di fare danni e divisioni, non capita. Quindi lo capite che c’è qualcosa che non funziona nella difesa ideologica dell’Europa come entità sacra e intoccabile in ogni forma essa si presenti?
Credo di non poter essere accusato, per quel poco che posso aver espresso pubblicamente, di alcuna forma né di euroscetticismo né di antiglobalismo, ma c’è qualcosa di profondamente marcio se dopo le tragedie degli scorsi ANNI – non mesi, non settimane, non giorni – un summit che a fine agosto sembrava dovesse essere la nuova Yalta per le migrazioni si è risolto in un nulla di fatto.
È duro, è doloroso, è un totem che ci cade in testa e ce la spacca, but stick with that, dicono gli inglesi: o cambia radicalmente, e con urgenza, o l’Unione Europea muore. E tra atroci dolori, per tutti. Pensare a come farsi il meno male possibile non è più né un tabù né un peccato né un progetto estremista. L’ho detto. E non è stato facile, no.