Michele Santoro e Silvio Berlusconi. In prime time. Ancora.
Uno potrebbe pensare che Santoro abbia già captato l’aria di come andrà la contesa, e che andando a dichiarare il Sì con tanta passione si stia mettendo in quella precisa posizione. Quella di sempre, quella del perdente. Quella che gli permetterà di fare la prossima trasmissione di denuncia contro il prossimo governo della destra, reazionaria o conservatrice si vedrà.
Poi uno – sempre lo stesso – potrebbe pensare che anche Silvio abbia annusato l’aria di una campagna che potrebbe vederlo tutto d’un tratto il mattatore vincente. Il minimo sforzo, negli ultimi dieci giorni, con i competitor nella “accozzaglia” del No di destra, già del tutto sfiancati. Risultato: un bel bottino di credito da spartire con i grillini. Come tante troppe volte è già successo.
In mezzo, Matteo Renzi si gratta e promette di tutto, quasi sicuramente troppo. Elargisce senza pietà, soprattutto ai più anziani. Sfondando il limite della responsabilità, per molti quello della credibilità. Non è Romano Prodi, non è Walter Veltroni. Avrà imparato la lezioncina? Può essere che la conoscesse già. Avrà previsto la sconfitta? Chissà che non l’abbia coltivata con più cura di quanto sembri.
I primi sono i due più grandi uomini di spettacolo di un ventennio che si riaffaccia – speriamo per l’ultima volta – ed i progenitori ad ogni effetto – non bisogna dimenticarlo – di quella miseria contemporanea che è il grillismo. Il terzo è l’unico politico rimasto sulla scena, ci piaccia o non ci piaccia, di scuola millenaria e forse eterna, così come di poco rispetto per le altre. E spesso, per gli altri.