Si può evitare di lasciare che un risultato politico positivo – anche se parziale – possa venire ‘catturato’ da un messaggio discriminatorio?
Si parla di cattura del regolatore quando un ente che dovrebbe essere in teoria indipendente – come un’authority – risponde invece a logiche altre, ad interessi particolari, a pratiche speciali.
Nella “teoria della scelta pubblica” di Roland McKean, la cattura del regolatore corrisponde a un cosiddetto “fallimento dello Stato”, cioè a un’incapacità dell’organismo pubblico di comportarsi in maniera retta ed efficiente per tutti.
Qualcosa di molto avvicinabile a una cattura del regolatore è avvenuta ieri, quando il Ministro degli Interni Angelino Alfano, riferendosi allo stralcio della stepchild adoption dal ddl Cirinnà, ha pronunciato la seguente dichiarazione: “Abbiamo impedito una rivoluzione contronatura e antropologica”.
Prima di tutto è fallito lo Stato, nel momento stesso in cui è stato rappresentato da certe parole, peraltro pronunciate da uno dei suoi vertici. E ad esser ‘catturato’ non è stato alcun regolatore o autority, ma il giudizio generale dato al compromesso raggiunto sulle unioni civili, soprattutto da gran parte della comunità democratica.
In molti è scattato automatico insomma, soprattutto tra chi già si riteneva insoddisfatto e deluso, uno di quei riflessi condizionati provati dagli esperimenti di Ivan Pavlov: “Se Alfano festeggia, e in questo modo becero, questa legge dev’essere per forza una ciofeca!”. Con annessa la tentazione di lasciar perdere piuttosto, e di rimandare a chissà quando pur di non ‘darla vinta’ al leader del Nuovo Centro Destra.
No, non è il caso di lasciar perdere: nelle unioni civili c’è ciò che serve per considerarli pari a un matrimonio eterosessuale, tranne l’obbligo di fedeltà – che ora si ritiene di voler eliminare anche dagli stessi matrimoni – e la stepchild adoption – abbattuta dalle viscissitudini che sappiamo, e che rientrerà in un futuro speriamo vicino all’interno di una più comprensiva legge sulle adozioni.
E non è neanche il caso di dare ulteriore soddisfazione all’alleato di governo Angelino Alfano, magnificando la rilevanza del suo messaggio discriminatorio. Ogni leader politico, che ci piaccia o meno, coltiva il suo orticello, ma ciò non significa che si debba permettergli, comunicativamente parlando, di sabotare così un passaggio politico comunque progressivo. E che fino a qualche mese fa, l’ora gaudente Ministro non avrebbe votato neanche da lontano.
Evitare la subalternità, scansare le parole inutili: non vale solo per la politica.