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Il sistema 2 dell’Italia

Articolo pubblicato su L’Unità del 28.11.2015.

Un nuovo incontro, un fatto inedito, un lieve trauma, un necessario cambio di agenda nella nostra giornata. Oppure la notizia di un incidente aereo, echi di conflitti lontani, un atto di terrorismo, la parola “guerra” che risuona, l’ignoto che ci invade. Qualunque evento imprevisto, piccolo o grande, provoca un terremoto, piccolo o grande, nel nostro “mondo interno”, dove ognuno di noi organizza mentalmente le proprie idee sul “mondo esterno”, disponendole in forma di mappe cognitive, schemi mentali fatti di associazioni che si attivano in determinate condizioni. Questi schemi ci permettono di compiere “senza pensare” la stragrande maggioranza delle nostre azioni quotidiane: non facciamo alcuno sforzo mentale per camminare mettendo un piede davanti all’altro o per guidare quando procediamo spediti su un’autostrada poco trafficata. In questi e altri mille casi, per dirla con Daniel Kahneman, è il nostro sistema 1 ad agire: quello delle euristiche, degli automatismi.

Quando la situazione si fa più complessa, quando entrano in scena elementi ignoti agli schemi ordinari, a quel punto il sistema 1 da solo non ce la fa: deve intervenire a sostegno il sistema 2, quello della razionalizzazione. Se troviamo un ostacolo lungo il cammino, o se in autostrada avvertiamo uno strano rumore provenire dal motore, il sistema 2 valuta la situazione nuova e si regola di conseguenza: schivando l’ostacolo, chiedendoci di concentrarci sulla guida.

La nostra mente è in grado, di fronte a problemi crescenti, di fornire risposte sempre più articolate, sofisticate e complesse, soprattutto adottando, in situazioni mutevoli e poco prevedibili, una struttura flessibile di pensiero. “Think outside the box” (“Pensare fuori dagli schemi”), come ci dice la scienza delle organizzazioni. Gli errori nascono, invece, quando rispondiamo ad eventi nuovi e sconosciuti in modo rigido, replicando i nostri classici modelli di comportamento. È da qui che nascono pregiudizi e paure: quando non affrontiamo razionalmente i cambiamenti, risparmiando energie e risorse; non solo quelle fisiche ed economiche, ma anche le risorse indispensabili all’elaborazione e alla messa in discussione delle nostre risposte euristiche. Tra le quali ce n’è una tipica che definirei “euristica della reazione”: volgarmente potremmo tradurla nel vecchio adagio “occhio per occhio, dente per dente”.

Non è certo questo il senso della coalizione contro il terrore che – Hollande in testa – si cerca faticosamente di costruire in questi giorni, con il coinvolgimento crescente dei partner europei: la Germania di Angela Merkel, che metterà a disposizione risorse militari in Mali così come in Siria; il Regno Unito, come sua tradizione già pronto a bombardare al fianco della Francia. Ma è abbastanza evidente che – mentre è molto forte la reazione viscerale di ognuno di noi di fronte alla bestialità terrorista – al momento la strategia razionale anti-Isis è ancora seriamente lacunosa.

In questo scenario confuso e delicato, l’Italia non appare tra i paesi più impegnati nella “risposta di forza” (pur essendo la nazione europea più impegnata sui vari fronti di guerra, con più di 6000 soldati); e questo atteggiamento genera crescenti critiche dei polemisti col ditino alzato e dei teorici dello “scontro di civiltà”. I più pigri tra i commentatori ricorrono all’argomento trito e ritrito della politica estera italiana “eternamente andreottiana”, per motivare i passi felpati di Renzi, facendo finta di non comprendere i mutamenti radicali dello scenario mondiale e del ruolo dell’Italia al suo interno.

A leggere le cose con maggiore serenità, risulta chiaro invece che nel nuovo sistema multipolare cautela e razionalità sono ingredienti decisivi. Attivare il sistema 2, insomma: di fronte all’ignoto, vanno cercate (e trovate) nuove risposte. Prudenza non significa paura, ma saggezza.

(Hanno collaborato Massimiliano Pennone e Nicolò Scarano)

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