L’argomento di chi disprezza le quote rosa é quello che in una società libera chi é bravo/a si fa largo da solo/a, non conta il sesso. Comprensibile, legittimo, addirittura condivisibile.
In una società libera, ad esempio, se sei bravo/a ti fai largo da solo/a e non vieni superato/a da uno meno bravo/a di te solo perché questo magari é figlio/a di uno/a che ha tre televisioni.
E in una società libera entri in Parlamento perché sei bravo/a, a prendere voti magari, e non perché qualcuno di grosso/a e noto/a ti ci ha portato candidandosi prima di te nella lista.
In una società libera, poi, se puoi compiere un lavoro con meno costi e più qualità di un altro/a, quasi sicuramente sarai tu a compiere quel lavoro. Nessuno/a ti toglierà ciò che ti meriti solo perché é amico/a di chi assegna quel lavoro.
In una società libera le “regole del gioco”, quelle che servono ad eleggere i/le rappresentanti dei/delle cittadini/e, comprendono un dispositivo contro la corruzione e i conflitti d’interessi degli eletti, e il divieto di candidarsi in più collegi, ossia in posti diversi allo stesso tempo.
Senza questi accorgimenti, non possiamo dirci parte di una società libera. E in una società non libera non sono i/le più bravi/e a primeggiare, come spiegano gli esempi qui sopra.
Il vulnus poi si accentua quando riguarda una “categoria” storicamente discriminata (perdonate l’orrenda espressione), come quella femminile: ciò significa che se già i bravi maschi fanno una fatica enorme, le brave femmine fanno una fatica doppia, tripla.
Le quote rosa creano una discriminazione positiva, che, idealmente mal si addice a una società libera, é vero. Ma quest’ultima discriminazione positiva viene rivolta a chi é oggettivamente svantaggiato, in una società già poco libera. L’assenza delle regole di cui ho parlato sopra crea anch’essa una discriminazione positiva: ma verso corrotti/e, furbi/e, e detentori/rici di conflitti d’interessi.
Ora, semplicemente: quale tra le due macrocategorie discriminereste in positivo? Nessuna, ho sentito bene? Ma allora perché vi appellate alla “società libera” quando una delle due macrocategorie rimane comunque discriminata positivamente? Perché quando decidete che si devono eliminare, insomma, giustamente – per carità – le discriminazioni positive non incominciate, per una volta, da quelle dedicate a chi ce la fa anche senza? Perché vi armate di battaglie ideali, infine, quando a rimetterci poi é sempre chi parte già svantaggiato in partenza? Viva la libertà.