Io non lo so se il Pd – Renzi – volesse veramente coinvolgere il M5S nella costruzione della legge elettorale. Resta che con un paio d’interviste il fiorentino sia riuscito a dare quest’impressione, e che invece, dall’altra parte, la reazione sia invece stata al solito scomposta, frammentata, negativa.
Casaleggio ha dichiarato velenosamente – pur se a bassa voce – che le tre proposte (e sul metodo delle “tre proposte”, per me senza senso, mi sono già espresso) erano incostituzionali, Grillo ha messo il veto su qualsiasi collaborazione, i parlamentari più influenti non hanno proferito parola, i pochi interessati a parlarne non sono riusciti ad avere abbastanza voce. E Renzi, homo pragmaticus, non ci ha pensato due volte: ha ospitato al volo Berlusconi nella sede del Pd e – zac! – lanciato l’Italicum che stiamo discutendo ormai da giorni.
Ora, sia i grillini che i democratici ostili (spesso aprioristicamente) a Renzi possono lamentare il metodo (“le leggi si fanno in parlamento, non in una stanza tra due leader!”) e l’estetica (“il pregiudicato Silvio nella sede di un partito con il giovane politicante condannato in primo grado”) dell’accordo, ma non cancelleranno la percezione di un’accelerazione forte (in qualsiasi direzione essa vada – e questo é il problema) da parte dei due leader più rappresentativi (non sono felice che Berlusconi lo sia, ma é così), per “fare le cose”.
Intanto il M5S ha perso un’altra occasione per influire: in questo momento non si trattava di “fidarsi” facendo compromessi, ma, al contrario, di NON fidarsi, partecipando alle trattative per non farsi fregare da nuove svantaggiose “regole del gioco” (lo siano o meno – e non lo sono in realtà – importa poco, mentre importa quanto e come Grillo possa ora lamentarsi -poco, sebbene lo faccia-).
Un caso esemplare di quanto la politica – a prescindere da ciò che si fa o di ciò che succede realmente – si muova piuttosto sulle impressioni provocate nell’opinione pubblica: comunicazione – insomma – non é solo slogan, bei discorsi, uso dei media.