“L’altra è la democrazia populista. Uno dei rischi più gravi – non solo in Italia ma su scala almeno europea – di questa circolazione, endogena ma anche indotta, della paura nel corpo politico, è infatti che le mediazioni in cui consiste la democrazia vengano percepiti come inutili, defatiganti, e che venga invece sbrigativamente ricercata una politica rassicurante, immediata e identificante, in cui il NOI – una comunità omogenea, immaginata come “originaria” e poi disgregata dai nemici del popolo, dai cosmopoliti senza patria e senza radici – possa essere finalmente integro e presente: una politica vicina al proprio contrario, a un’amministrazione tecnica. Quale ne sia la definizione – antielitismo, retorica della centralità del popolo, pathos dell’uomo comune, movimento ANTI-ESTABLISHMENT -, nel populismo si esprime oggi un’esigenza semplicistica di rassicurazione contro le forze della disgregazione, cioè contro le potenze del nostro tempo: la globalizzazione e tutte le sue conseguenze. Ostile alla rappresentanza, ai partiti, alle istituzioni, ma non alla democrazia – anzi, rispolvera il mandato imperativa, ossia la tesi della politica guidata direttamente dal popolo – il populismo ha BISOGNO di NEMICI REALI O IMMAGINARI a cui addebitare la responsabilità del disordine sotto il cielo: i migranti si prestano bene ad assumere questo ruolo di nemici del popolo, accanto alle élites, in particolare la classe politica, ma anche ai burocrati, ai tecnocrati, ai finanzieri, agli intellettuali, agli estranei, ai “comunisti”. Tutte le contraddizioni strutturali della democrazia con le quali questa ha convissuto, tutte le mediazioni, tutta la complessità, oggi appaiono insopportabili- proprio perché la prestazione delle istituzioni democratiche è di fatto in pauroso calo, sfidata dalle dinamiche della globalizzazione.
Il populismo è il sogno di un popolo semplice, di un mondo controllabile dal basso: è la posizione di chi non vuole fare la fatica di entrare nella realtà effettuale. Il popolo del populismo è tanto poco reale quanto quello della democrazia istituzionalizzata: un fantasma comunitario che vuole opporsi alla finzione della cittadinanza, un TUTTI ANONIMO che pretende di opporsi all’anonimato indotto dalla globalizzazione. E quindi il populismo è vasto, ma non potente: infatti – benché rancoroso- è più simile alle maggioranze silenziose che non alle minoranze radicali, e si presta a essere SFRUTTATO un po’ da tutti gli imprenditori politici, e in particolare dai LEADERS CARISMATICI ( a loro volta padroni del “loro” movimento) che si presentano però come UOMINI COMUNI, come figli del popolo. E così, nel suo rifiuto della dimensione istituzionale della democrazia, nel suo perseguire un NOI INVENTATO, una pseudocomunità alla ricerca di una politica egualitaria, il populismo si fa strumento di una politica che in realtà è ANCORA PIU’ DISTANTE dal popoli di quanto lo fosse la politica tradizionale: il populismo di crede all’opposizione e sempre più spesso è utilizzato dai governi. Rivoluzione a bassa intensità, più URLATA che PRATICATA, più melodrammatica che tragica, e anzi INEFFICACE e IMPOTENTE, il populismo è una PASSIVITA’ DI MASSA mascherata da attività; è una delle forme più vistose di disagio della democrazia.”