Le manifestazioni sono sempre una cosa bellissima. Un momento di fenomenale espressività collettiva. Ricordo quella contro la riforma Gelmini, con un mare di liceali, a Roma nel 2008: l’Onda, la chiamavamo. Poi ho ricordi indiretti e solo fotografici della manifestazione del 25 ottobre, per dirne una.
Oggi c’è stata una manifestazione enorme a Parigi, trionfale nelle descrizioni che ne sono state date. Ciò che ha portato tanta gente in piazza é chiaro: l’infame attentato di matrice islamica alla redazione del foglio satirico Charlie Hebdo, 12 morti.
L’intento, la causa portata avanti dalla platea manifestante un po’ meno. E non mi sarei chiesto nulla se la cosa fosse stata solo spontanea, solo “di popolo”, solo dettata da un automatico moto di solidarietà verso le vittime dell’attentato (caratteristiche attribuibili ai sit-in dei giorni immediatamente successivi alla tragedia, e probabilmente alle intenzioni della maggior parte delle persone presenti in piazza anche oggi).
Si é parlato di unità, fraternità, ugua.. -no, quella no, figurarsi-, speranza. Ecco, io non ho capito esattamente – ma forse non ho solo letto abbastanza, in tal caso vi prego semplicemente di aggiornarmi – il senso politico, plasticamente raffigurato da quel nutrito gruppo di Capi di Stato in prima fila e bella mostra, della Marche Republicaine di oggi. “Si é dimostrata unità”, qualcuno mi ha già risposto.
Ma unità per cosa esattamente? Per “fare la pace”, per una futura guerra, per politiche comuni sul fronte dell’immigrazione o dell’integrazione, o per garantire libertà di pensiero e parola a tutti – e in tal caso, per farne uno, perché rappresentanti di stati notoriamente liberticidi all’interno del corteo?
Fraternità: certo, magari. Ad esempio tra quegli stati che in Europa si comportano, più che da fratelli, da parenti serpenti? Speranza: che il terrorismo, o il fondamentalismo islamico. finisca da solo, così, per magia? O che si possa bombardarli tutti? O che si convertano?
Le manifestazioni contro le guerre in Afganistan e in Iraq, oceaniche quanto ignorate, avevano un claim preciso: “Non fate questa guerra inutile, costosa, dolorosa, addirittura nociva a medio-lungo termine”. La Marche Republicaine no, e davvero non vorrei che quella elegante foto di gruppo non si trasformi, tra qualche anno o mese, in un lontano ricordo, in una fatua – appunto – speranza.