http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-ufficiale-lausterita-fa-male/2208722?fb
Capito sì? L’austerità fa male. Incredibile. Non l’avremmo mai detto.
Milioni di disoccupati (1 milione solo in Italia IN UN ANNO, roba che nella Prima Repubblica avrebbe di fatto terrorizzato democristi e socialisti) e morti di fame, tragedie greche (nel vero senso della parola) e indignados spagnoli (largamente ignorati dalla nostra “stampa”, e i TG dopo un giorno se ne erano già dimenticati causa Ruby) alla fine hanno avuto l’unica cosa che non serve a niente (o che avevano già, negli scatoloni degli sfratti da uffici ed appartamenti): la ragione. Quella dei matti.
L’austerità era ed è una formula economica totalmente sbagliata, decisamente sbilanciata verso interessi che per nulla coinvolgono i più.
Non per il calcolo sbagliato, quello scoperto dal giovane studente di Harvard sulla formula di Reinhardt-Roghoff: troppo facile la solita storiella da “sogno americano” dell’outsider che frega quelli di successo.
L’austerità è sbagliata CONCETTUALMENTE: come Krugman sostiene ormai da mesi (ma senza voler fare il fanatico dell’autore del mio stramaledetto manuale di Economia Internazonale), in situazioni di crisi si punta su una crescita che copra i danni, non su una limitazione dei danni che mantenga tali quelli già esistenti.
Detta concretamente: si cresce solo se si spende, e per spendere lo Stato deve mettere i soldi, investire. Si chiamano “shock positivi di spesa”, è una roba elementare. Che conoscono anche quelli che l’economia l’hanno fatta in soldoni, quelli come me.
Non si cresce per nulla, invece, se si è ossessionati dal debito pubblico.
Che in realtà è un finto problema (o meglio: è un problema vero, ma praticamente solo in Europa), ma non mi avventuro su questo: ci si scrivono i libri, dal più prettamente scientifico al più escatologico-complottista (vedi questo: http://paolobarnard.info/docs/ilpiugrandecrimine2011.pdf) quindi potete documentarvi meglio altrove.
Perché se tagli tagli tagli, e spremi spremi spremi, ai veri protagonisti della “crescita” (chi? soprattutto noi cittadini, che lavoriamo e/o facciamo impresa) non rimane nulla per produrla, questa benedetta crescita. Difatti: il debito pubblico rimane lì dov’è, le condizioni di vita peggiorano, le condizioni lavorative incominciano a spaventare (sempre per quella storiella della competitività: vabbe’).
La cosa più interessante, ed inquietante, su cui vale la pena fare giusto un pensierino è: secondo quale ottica l’Austerità ha potuto dominare come teoria economica che doveva farci uscire dalla crisi?
Secondo quella di chi è stato fortemente danneggiato, dalla crisi, direte voi.
Sbagliato. La “logica austera”, quella dei “compiti a casa” è stata totalmente condizionata dal punto di vista di chi (o cosa) la crisi l’ha fatta esplodere: parlo di quella finanza che vive ormai nei cieli eterei delle cifre create da bottoni, nei miliardi spostati da una telefonata, nelle scommesse sui fallimenti di stati e imprese.
I paesi coinvolti nella crisi DOVEVANO fare i “compiti a casa” per risultare più affidabili a chi vi scommetteva sopra, detta grossolanamente. A chi da quelle scommesse magari, negli anni prima, aveva sottratto miliardi all’economia reale (famiglie, imprese) per portarseli in salvo in paradiso.
Se non vogliamo sposare la tesi complottistica (e francamente, lasciamo perdere) diciamo che quello dei tecnocrati che hanno dominato Europa e non solo negli ultimi anni è stato un TREMENDO abbaglio: credere che l’economia finanziaria muovesse NECESSARIAMENTE l’economia materiale, fidarsi di pochi fortunatissimi naviganti dell’anarcocapitalismo, sostanzialmente.
Tornando alle tragedie greche della massiva disoccupazione europea (Marx ammirerebbe un milionario “esercito di riserva” oggi), dunque: ORA CHI PAGA?